
24 Mag Decreto penale di condanna per fattispecie di reato non immediatamente escludenti.
Inquadramento. Può accadere che nei confronti dell’operatore economico, o meglio di alcuno dei soggetti individuati dal comma 3 dell’art. 80 del Codice, venga emesso un decreto penale di condanna, non già con l’imputazione di uno (o più) dei reati tipizzati dal comma 1 del medesimo articolo, bensì per altre fattispecie penalmente rilevanti, che possono, o meno, afferire all’attività professionale svolta, ma il cui apprezzamento non è compiuto ex-ante dal legislatore. La rilevanza della condanna penale inflitta sull’affidabilità e sull’integrità dell’operatore economico sarà pertanto oggetto di valutazione ex-post da parte della stazione appaltante, nell’ambito della sua discrezionalità, potendo, ad esempio, il decreto in questione rivelare -astrattamente e non esclusivamente- la colpevolezza del soggetto nella commissione di un “grave illecito professionale” ex art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. 50/2016.
Opportuno è peraltro segnalare che, tra i vari “vantaggi” che reca la disciplina penalistica, in relazione all’emissione di un decreto di condanna, rientra anche quello della mancata menzione nel casellario giudiziale, ove richiesto dall’interessato, ai sensi del d.P.R. 313/2002 (T.U. Casellario giudiziario). Tuttavia, con specifico riferimento alle richieste di rilascio del certificato del casellario giudiziale, il Comunicato del Presidente ANAC 10 gennaio 2018 si è espresso nel senso che: “ai fini dei procedimenti selettivi disciplinati dal Codice […] non è opportuno […] utilizzare il riferimento all’art. 28 d.P.R. 313/2002, che disciplina la facoltà, per le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi, di ottenere le certificazioni rilasciate a richiesta del soggetto privato”. In sostanza, il riferimento per le stazioni appaltante deve essere l’art. 39 d.P.R. 313/2002 (consultazione diretta del sistema), perché, come spiega il suddetto Comunicato, la certificazione ex art. 28 ha un contenuto incompleto “in quanto, fra l’altro, non riporta […] i decreti penali di condanna”.
L’operatore economico interessato sarà dunque gravato di uno specifico onere informativo, ancorché la legge nulla prescriva espressamente e puntualmente a riguardo, non potendo peraltro lo stesso fare affidamento sul beneficio della mancata iscrizione del decreto nel certificato del casellario giudiziale rilasciato a propria richiesta.
La giurisprudenza. L’unica certezza che il condannato dovrebbe avere è che con il corretto assolvimento dell’obbligo dichiarativo, la sola emissione di un decreto penale di condanna, a maggior ragione se opposto, al di fuori dei casi tipici previsti dall’art. 80 sopra citato, non vale a condurre sic et simpliciter all’esclusione.
Premesso infatti che “è onere di chiunque si accinga a rendere una dichiarazione autocertificativa ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, avente a oggetto l’esistenza o meno di precedenti penali a proprio carico, di procedere a ‘visura’ di tutte le iscrizioni esistenti a proprio carico nel casellario giudiziale, attraverso lo strumento disciplinato dall’art. 33 d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313” (Cons. Stato, sez. IV, 3 maggio 2016, n. 1717), il Consiglio di Stato, nel ribadire il potere di apprezzamento discrezionale della stazione appaltante nella valutazione delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale” e, quindi, l’esclusione dalla gara, ricorda come l’amministrazione sia chiamata ad analizzare in concreto l’incidenza dei singoli fatti indicati dall’operatore economico in sede di dichiarazione e astrattamente idonei ad integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice (Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2021, n. 1443; Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2019, n. 6443). Da qui, dunque, l’obbligo dichiarativo in capo al soggetto condannato che dovrà essere assolto nel modo più preciso e completo possibile, anche alla luce delle Linee guida ANAC n. 6. Tuttavia, si è anche affermato che l’omessa dichiarazione in merito ad un decreto di condanna penale, divenuto irrevocabile prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, non configura necessariamente una falsa dichiarazione in senso oggettivo, laddove risulti che tale informazione non fosse nella disponibilità del dichiarante, come nel caso in cui l’interessato avesse estratto una visura delle iscrizioni a proprio carico presso il casellario giudiziale, ex art. 33 d.P.R. n. 313/2002, dalla quale non risultava ancora alcuna iscrizione, e, altresì, detto decreto penale non fosse stato regolarmente notificato nei suoi confronti, tanto da ottenere dal G.I.P. la rimessione in termini ai sensi dell’art. 175 c.p.p. ai fini della proposizione di opposizione avverso il decreto (Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2017, n. 3104).
Importante è poi considerare proprio l’eventuale opposizione sopraggiunta al decreto penale. Infatti, per la giurisprudenza amministrativa, la proposizione dell’opposizione, ai sensi dell’art. 464, comma 3, c.p.p., impedisce al decreto penale di condanna di assumere carattere vincolante nell’accertamento del fatto tipico di reato, con la conseguenza che esso deve essere considerato dalla stazione appaltante tamquam non esset e, a differenza di una sentenza di condanna non definitiva, non può essere utilizzato per il giudizio di inaffidabilità dell’operatore economico, per l’impossibilità di ricollegare effetti vincolanti ad un accertamento sommario e privo di contraddittorio, quale è quello posto alla base del decreto penale di condanna (TAR Piemonte, Torino, 14 maggio 2019, n. 583). Pertanto, il decreto, ove opposto, non potrà essere utilizzato -ad esempio- per effettuare la valutazione di cui alle lett. a) e c), dell’art. 80, comma 5, del Codice. In sostanza, il decreto penale di condanna oggetto di opposizione non è equiparabile ad una sentenza di condanna anche di carattere non definitivo (TAR Calabria, Reggio Calabria, 26 novembre 2018, n. 697). La proposizione di tale opposizione determina, infatti, la revoca del decreto e la conseguente definizione del rapporto processuale con una successiva e distinta sentenza. Pertanto, il decreto penale potrà al più assumere un valore vincolante in sede amministrativa -quanto all’accertamento dei fatti materiali costituenti reato e alla loro imputabilità al condannato- solo nel caso in cui il decreto stesso, non opposto nei termini, diventi esecutivo, rimanendo, diversamente, solo la “la spia della pendenza di un procedimento penale e non di un accertamento giurisdizionale definito, la cui mancata indicazione possa minare la credibilità professionale del concorrente” (TAR Calabria, Reggio-Calabria, 29 aprile 2019, n. 300). In particolare, in caso di opposizione, l’amministrazione è tenuta a considerare il reato anche in relazione alle circostanze dedotte nell’atto di opposizione del decreto in sede penale, ai fini della verifica della incidenza o meno del medesimo sulla moralità professionale, nonché dell’eventuale sentenza di assoluzione pronunciata all’esito della detta opposizione(TAR Sardegna, Cagliari, 22 settembre 2017, n. 589).
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