
10 Mag Note brevi su funzioni e responsabilità del CSE – Parte I.
La normativa. Gli obblighi del coordinatore per l’esecuzione dei lavori sono puntualmente indicati dall’art. 92 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro), con qualche integrazione in virtù di quanto previsto dall’Allegato XV del medesimo T.U., recante i contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili. In particolare, il coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell’opera (che è soggetto incaricato dal committente o dal responsabile dei lavori e che non può essere il datore di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, come definito dall’art. 89, comma 1, lett. f) d.lgs. 81/2008):
- verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento (PSC), ove previsto, e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
- verifica: i) l’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS), da considerare come piano complementare di dettaglio del PSC, assicurandone la coerenza con quest’ultimo, ove previsto, e adegua il PSC stesso ed il fascicolo (contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori) in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; nonché ii) che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;
- organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività, nonché la loro reciproca informazione;
- verifica l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
- segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95, 96 e 97, comma 1, e alle prescrizioni del PSC, ove previsto, proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto;
- sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
Il ruolo del CSE secondo giurisprudenza. Ferma restando la funzione di “super-controllo” del responsabile dei lavori, che ha l’obbligo di predisporre e far osservare i principi di sicurezza richiesti dalla legge, il CSE assume la posizione di garanzia quando vi sia stato l’avvio o comunque una programmazione dei lavori tale da rendere attuale, da un lato, l’obbligo per le imprese di adempiere alle prescrizioni loro imposte e, dall’altro, quello per il coordinatore stesso di controllare effettivamente il corretto e funzionale adempimento di tali obblighi (Cass. pen., n. 7960/2015). In particolare, il CSE svolge una funzione di alta vigilanza, avente ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all’ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese (Cass. pen., n. 3288/2016). Il suo compito è dunque quello di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell’incolumità dei lavoratori, nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni.
Recentemente, la Corte di Cassazione si è espressa più nel dettaglio (Cass. pen., n. 2845/2021), affermando che se la posizione riconosciuta al coordinatore è quella dell’alta vigilanza delle lavorazioni, sottesa a gestire il rischio interferenziale e non già a sovraintendere momento per momento alla corretta applicazione delle prescrizioni e delle metodiche risultanti dal POS come integrate dal datore di lavoro e filtrate nel PSC, nondimeno la figura del coordinatore rileva nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori. A tal fine, in particolare, rileva un’attenta verifica, da parte del CSE, dell’idoneità del POS e della sua coerenza rispetto al PSC, così che lo stesso ne assicuri un adeguamento in relazione all’evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute.
Il compito del coordinatore per la sicurezza non si arresta, dunque, ad un controllo notarile sulla regolarità formale del POS e sull’astratta fattibilità di una lavorazione con i mezzi indicati nel piano operativo. Piuttosto, soprattutto a fronte di un totale silenzio del POS sulle modalità operative di determinate lavorazioni, il CSE è tenuto a porsi il problema dell’indeterminatezza di tali indicazioni e verificare se le lavorazioni stesse siano o meno compatibili con le caratteristiche degli strumenti forniti dall’impresa e con i sistemi di protezione presenti, in tal modo adempiendo alle funzioni di verifica e coordinamento ad esso demandate con poteri di segnalazione e di contestazione di eventuali inadempienze, fino all’esercizio di poteri inibitori nelle ipotesi più gravi e nelle situazioni più urgenti.
Nel caso di specie, era stato riscontrato che le scorrette e pericolose prassi lavorative non costituivano il frutto di una contingente ed estemporanea opzione lavorativa delle maestranze impiegate in violazione di regole esaurientemente esplicate e ritualmente codificate nel POS, ma costituivano espressione di un’esigenza lavorativa del dipendente che avrebbe dovuto essere considerata ed intercettata dal coordinatore. Da qui, la valutazione di totale inadeguatezza del POS dell’impresa appaltatrice e il correlato giudizio di colpa in capo al CSE per non essere stato in grado di cogliere la sostanziale indeterminatezza delle pratiche di lavoro contemplate e l’assenza di presidi di sicurezza per il concreto atteggiarsi delle lavorazioni previste. In sintesi, il POS dell’impresa appaltatrice risultava del tutto silente sulle cautele da adottarsi per determinati lavori e al CSE veniva contestato di non aver provveduto alle opportune correzioni e ai necessari adeguamenti. Non è quindi bastata l’adeguatezza e la completezza del PSC predisposto dal coordinatore a fronte dell’omesso adeguamento del POS e del mancato coordinamento tra i due piani.
Questione aperta. Quando invece “le scorrette e pericolose prassi lavorative” costituiscono sì “il frutto di una contingente ed estemporanea opzione lavorativa delle maestranze impiegate in violazione di regole esaurientemente esplicate e ritualmente codificate nel POS”, il CSE è tutelato?
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