
12 Apr Misura cautelare di divieto temporaneo di esercitare attività professionali.
Il caso. Nell’ambito di un affidamento del servizio di direzione lavori ad un’associazione di professionisti, il D.L., individuato in uno degli associati, viene colpito da una misura cautelare di divieto temporaneo di esercitare attività professionale. È possibile la sostituzione del D.L. con altro associato non coinvolto nella vicenda penale che ha condotto all’applicazione della misura cautelare?
Osservazioni. Premesso che il contratto di appalto di servizi, avente ad oggetto l’attività di direzione lavori, è stato stipulato tra la stazione appaltante e l’associazione professionale, al cui interno è stato individuato il professionista cui assegnare l’incarico di D.L. e che la stazione appaltante debba essere resa edotta in ordine alla vicenda penale, così che, qualora il singolo professionista fosse imputato -con “gravi indizi di colpevolezza” (presupposto per la misura cautelare interdittiva)- di “gravi illeciti professionali”, l’amministrazione sia posta nella condizione di valutare l’integrità e affidabilità complessiva dell’operatore economico affidatario (che, in quanto tale, non risulta intaccato, dalla vicenda), si rileva quanto segue.
La misura interdittiva che ha colpito il predetto professionista, in qualità di singolo associato, comportante il divieto temporaneo di esercitare attività professionale e rientrante nella tipologia delle misure cautelari personali di cui all’art. 290 c.p.p., non è prevista tra le ipotesi di esclusione contemplate dall’art. 80 del Codice dei contratti pubblici, potendo semmai rappresentare una “notizia utile” ai fini dell’iscrizione nel Casellario informatico dell’ANAC (cfr.: TAR Lazio, Roma, sez. I, 24 aprile, 2018, n. 4577). In giurisprudenza si trova infatti conferma che non è sufficiente l’esistenza di una misura interdittiva in capo al legale rappresentante di un operatore economico per motivare la revoca dell’aggiudicazione a tale operatore (TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 4 novembre 2019, n. 1825, in un caso specifico in cui la misura interdittiva consisteva proprio del divieto temporaneo di esercizio dell’attività imprenditoriale e di tutte le attività ad essa inerenti, compreso il divieto di assumere uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese). Proprio recentemente, è stato peraltro osservato che il provvedimento penale cautelare, con cui si accerta nell’ambito del procedimento cautelare che un indagato è ritenuto, sulla base di “gravi indizi di colpevolezza”, responsabile di una determinata condotta illecita, non è di per sé vincolante ai fini della valutazione negativa, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, della serietà del concorrente (TAR Lazio, Roma, sez. II, 19 marzo 2021, n. 3385).
Pertanto, il contratto, di per sé, rimane in essere a fronte di una valutazione positiva, da parte della stazione appaltante, circa l’affidabilità del contraente.
Per quanto il contratto di appalto possa “stare in piedi”, è comunque indubbio che l’incarico di D.L. non possa essere mantenuto in capo al professionista colpito dalla misura cautelare personale interdittiva, risultando lo stesso sospeso (ancorché temporaneamente, e se del caso solo parzialmente) dal proprio albo. Se dunque il contratto si mantiene in essere, si pone la questione di sostituire il professionista interdetto.
Muovendo dall’assunto che l’individuazione della figura di D.L. è consacrata in una previsione di natura contrattuale (contratto di appalto di servizi / lettera di incarico), si rileva che, in mancanza di previsione contraria, la modifica soggettiva di cui trattasi dovrebbe consentirsi secondo il principio generale del consenso (l’unico limite sarebbe quello che tale variazione soggettiva non determini una modifica sostanziale del contratto). Resta essenziale che il nuovo soggetto possegga i medesimi requisiti di quello originario e che l’amministrazione acconsenta espressamente alla sostituzione.
La sostituzione del professionista, incaricato dell’ufficio di D.L. e colpito dalla misura cautelare interdittiva, avverrebbe quindi in virtù dei principi di diritto comune, valorizzanti la libertà contrattuale delle parti, considerato che, salve disposizioni esplicitamente derogatorie, nella fase esecutiva del contratto di appalto, l’amministrazione soggiace ai dettami del codice civile e quindi alle regole di diritto comune.
Anche per quel che specificatamente concerne l’affidamento del peculiare incarico di D.L., è infatti pacifico che il rapporto (individuale) instaurato tra il singolo professionista (associato) e il committente abbia natura negoziale privata, risultando disciplinato dalla convenzione o contratto di incarico (nel caso, sostenuto da una delibera di affidamento). È a tale atto, dunque, che occorre rifarsi per vagliare l’esistenza di possibili clausole ostative alla ipotizzata sostituzione, rappresentando lo stesso proprio il riferimento sostanziale del rapporto tra l’amministrazione e il tecnico. Pertanto, sulla base dell’indiscusso presupposto che (anche) il contratto di servizi professionali è un atto di diritto privato tra le parti, di cui esprime le volontà, giocoforza la modifica soggettiva in questione sarà possibile secondo le regole privatistiche nei termini anzidetti.
Conclusione. La stazione appaltante, preso atto della vicenda penale che ha coinvolto il professionista incaricato dell’ufficio di D.L., può proseguire il contratto di appalto in essere con l’associazione professionale affidataria e, previo positivo riscontro dell’affidabilità dell’operatore in questione e della sussistenza dei requisiti del soggetto indicato come subentrante, nulla osta alla modifica soggettiva prospettata.
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