Modalità ed esito della verificazione. Quando può esserne disposta l’integrazione.

Il contraddittorio nella verificazione. Il rispetto del contraddittorio (anche) nell’ambito di una verificazione (e non solo di una consulenza tecnica d’ufficio), a fortiori ove richiesto dal giudice, è ormai principio pacificamente riconosciuto e consolidato nel processo amministrativo. Senza contare la prassi secondo la quale, quando il giudice, disponendo una verificazione, autorizzi le parti a nominare propri consulenti tecnici, occorre farsi applicazione, mutatis mutandis, delle regole dettate con riguardo alla consulenza tecnica d’ufficio, l’attuazione di tale sommo principio, ove richiamato dal giudicante a cardine dello svolgimento della verificazione senza limiti di sorta, non può certo sostanziarsi unicamente nel soddisfacimento di una mera esigenza del verificatore finalizzata a chiarire con i soggetti coinvolti taluni profili pertinenti al quesito. In altri termini, in tale caso, il contraddittorio non potrà esaurirsi nella discussione tra il verificatore e le parti, o i rispettivi tecnici, sugli aspetti rilevanti del quesito assegnato, specie ove la stessa si riduca in un solo colloquio in via telematica, di breve durata. Ciò, semmai, potrà al più rappresentare un’esemplificazione delle modalità di estrinsecazione del contraddittorio. In sostanza, quando previsto dall’ordinanza collegiale, il verificatore non può “convenire” di non ricevere relazioni tecniche dalle parti, precludendo ingiustificatamente il confronto tra i tecnici sulle operazioni di verificazione, che ben invece dovrebbe potersi esplicare anche mediante la presentazione di note tecniche dei consulenti designati. Sarà quindi difficile ritenere attuato il dialogo con i soggetti funzionalmente preordinati a garantire il confronto sull’attività di verifica dinanzi al silenzio serbato dal verificatore su ogni osservazione di parte, specie quando sia mancata una sua presa in carico della richiesta inerente a una precisa impostazione metodologica ex ante definita, proveniente dai tecnici di parte.

L’autonomo apprezzamento del giudice. Prima di vedere quali siano le conseguenze della mancata attuazione del contraddittorio, è opportuno ricordare come la verificazione non sia un mezzo di prova, ma uno strumento di integrazione delle competenze del giudice, quale ausilio di carattere tecnico privo di margini valutativi, per mero accertamento di fatti, che non completa, né sostituisce le prove fornite dalle parti, e che inoltre l’esito della verificazione è autonomamente apprezzabile dal giudice, il quale può anche ben discostarsi dalle conclusioni del verificatore (Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2020, n. 330; Cons. Stato, sez. V, 11 ottobre 2018, n. 5867). Pure la Suprema Corte di Cassazione non ha mancato di rimarcare come la verificazione “costituisce uno strumento processuale cognitivo e non valutativo di fatti rilevanti ai fini della decisione giudiziale. […] Deve, conseguentemente escludersi in modo radicale qualsiasi vincolatività dei giudizi valutativi del verificatore sulla autonomia della cognizione del giudice amministrativo rispetto alle conclusioni assunte in sede di accertamento tecnico”; e ancora, “la verificazione consiste in un parere tecnico, non espressione di discrezionalità amministrativa che ben può essere disatteso dall’organo giurisdizionale” (Cass. civ., sez. un., ord. 9 gennaio 2020, n. 158, relativamente a un caso in cui il Consiglio di Stato aveva motivatamente disatteso l’accertamento tecnico all’interno dell’attività valutativa delle risultanze istruttorie). Parimenti, spetterà al collegio valutare se la verificazione espletata, contrariamente alla sua intrinseca funzione, non abbia appurato “la realtà oggettiva delle cose” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 ottobre 2017, n. 4848) e non abbia condotto alla conoscenza di fatti, la cui esistenza non fosse già accertabile o desumibile con certezza dalle risultanze documentali.

Se manca il contraddittorio, la verificazione deve essere integrata. Dunque, nell’ambito di questa autonomia decisionale, non solo in ordine all’esito della verificazione, ma a fortiori in merito alle modalità con cui la stessa è stata espletata, il giudice ben può disporre un’integrazione della verificazione medesima. Ciò, ad esempio, è quanto è stato deciso con l’ordinanza n. 961 del 28 dicembre 2020 dalla sez. I del TAR Liguria. In tal caso, infatti, il collegio, considerando che con precedente ordinanza era stato disposto che la verificazione venisse espletata assicurando il contraddittorio delle parti, rilevato che il verificatore non ha concesso ai consulenti tecnici di parte un termine per il deposito di osservazioni sullo schema della sua relazione e che, conseguentemente, non ha considerato la memoria trasmessagli (senza previa autorizzazione) dal perito della contro-interessata, e premesso altresì che, alla luce dell’elaborazione pretoria (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2020, n. 4458; TAR Liguria, sez. II, 9 ottobre 2019, n. 770), il mancato contraddittorio non comporta la nullità della verificazione, ha ritenuto necessario disporre un’integrazione della verificazione stessa al fine di consentire un confronto tecnico tra il verificatore e le parti (anche attraverso i propri consulenti), assegnando, allo scopo, i termini per il deposito di osservazioni e conclusioni in merito alla relazione di verificazione (nel rispetto del principio di sinteticità ex art. 3 c.p.a., compatibilmente con la natura prettamente tecnica delle memorie in questione), nonché per il deposito della relazione di verificazione integrativa nella quale il verificatore è chiamato a prendere specificamente posizione sulle predette osservazioni.

 

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